martedì 25 gennaio 2022

Cantico Dell'Abisso di Ariase Barretta

 

"Cantico dell'abisso" è il ricordo di un'estate che racchiude tutto il simbolismo della scoperta, dei sogni, della consapevolezza, della violenza e dell'accettazione di sé. È la storia di Davide, di situazioni apparentemente incredibili, di messe in scena che servono in modo utile e funzionale a raccontare la verità o, se si vuole, una delle tante realtà possibili. È la vicenda di un tredicenne che vive a Bologna e che ama visceralmente suo padre, Osvaldo, in modo morboso, incapace di stabilire un limite o un oltre che non deve essere travalicato. Davide affronta la sua acerba consapevolezza in modo aperto, in un viaggio che lo porterà all'emancipazione e categoriche scelte di vita, non ultima quella di convivere serenamente con la propria omosessualità e con la decisione di diventare transgender. Nel romanzo di Ariase Barretta nulla è più potente della realtà, in una narrazione fluida che mescola passato e presente, dolore e promesse di una vita migliore.

 




Ariase Barretta ha scritto un libro "scomodo", una storia difficile da raccontare, un romanzo di formazione intriso di un dolore ancora più intenso perché consumato nella sfera familiare; il protagonista, una volta raggiunta la maturità necessaria, solo da adulto trova la forza per analizzare con oggettività quello vissuto, raccontando con sorprendente equilibrio una fanciullezza segnata da cicatrici profonde, una condizione subita nella totale innocenza, un amore "frainteso" che lo aveva costretto a crescere ad occhi chiusi. 

Lo stile di Barretta è "spietato",  crudelmente ostinato sia nella parte descrittiva che nei dialoghi dove soprattutto ritroviamo quel disagio e vergogna capaci di toccare la sensibilità del lettore, provocando quasi "paura" al lettore, un timore che avvolge la lettura e porta verso un dubbio riguardo a quel sentimento vissuto che, nella "normalità", viaggia parallelo ad un malessere che non solo necessariamente va raccontato "senza filtri" ma soprattutto distinto per capire a fondo l'intimità del protagonista.

Personalmente devo ammettere di aver fatto fatica a leggere certe parti del libro, non tanto per una "pesantezza" narrativa che risulta quasi sempre assente se non nelle parti più "crude" del romanzo, ma perché risulta estremamente difficile non condividere emotivamente la sensibilità del protagonista che subisce senza capire, che soffre per un amore innaturale, scomodo, morboso, che rende lui schiavo e il suo cuore prigioniero, legato dalla bassezza umana che divora con la gelosia e inganna con l'affetto. 

Davide è un ragazzo come gli altri, cresciuto negli anni 80' con il walkman, le canzoni di Madonna, la guida tv e con un fratello che mal sopporta per quel fare da "primo della classe". La sua esistenza trascorre tra alti e bassi fino a quando in lui comincia a crescere dentro qualcosa che poco alla volta lo libera, non solo dai pregiudizi mentali, ma anche dall'incerezza di accettare come "normale" un affetto deviato, cresciuto giorno dopo giorno, preferendo così costruire, inconsciamente, quel mondo alternativo necessario per mettersi al sicuro da una realtà che lo stava cambiando in peggio.

Attraverso la storia di Davide l'autore affronta indirettamente il problema relativo alle tante  difficoltà generazionali che, oggi come ieri, lasciano gli adolescenti da soli di fronte al disagio, senza punti di riferimento positivi e concreti continuamente a combattere con un senso di ineguadezza che, oltre che a condizionare le loro scelte, porta alcuni di loro purtroppo a crescere troppo in fretta.

La lettura procede con molta difficoltà per il contenuto che smarrisce e colpisce il lettore che pagina dopo pagina si ritrova a cercare risposte a domande troppo moleste e che solo nell'epilogo ritrova un senso di pace tradotto nell'accettazione della condizione passata: a 43 anni Davide non è solo stanco di farsi domande ma è anche convinto ancor di più ad abbandonare per sempre quel suo sguardo innocente, non essendoci più spazio nel suo cuore per la sofferenza, non più spazio nella mente per i ricordi, solo dimenticare ed andare avanti seguendo quella luce che da tempo brillava di un colore diverso.

 Complimenti sinceri a Ariase Barretta che ha scritto con "coraggio" un libro che racconta una storia di violenza in maniera così reale e struggente che non può non coinvolgere chi legge; con il suo stile diretto e "dissacrante" impegna emotivamente sia il lettore che i suoi Personaggi, facendo sprofondare alcuni nell'abisso per farli poi riemergere dalla profondità per comprendere meglio e accettare se stessi, in un atmosfera di continuo disagio per una sofferenza che, una volta superati certi limiti, non permetteva più ripensamenti ma solo accettazione. 

mercoledì 12 gennaio 2022

Casa è dove fa male di Massimo Cuomo

 


Le nostre case ci osservano. Ascoltano, ricordano. Percepiscono anche pensieri ed emozioni per le vibrazioni dei corpi sul pavimento, la pressione delle dita sui mobili, gli sguardi davanti a uno specchio. E, certe volte, le case raccontano. Dalla nebbia della periferia di Mestre, come in un flusso di coscienza, in una rivelazione privata, emerge la voce di questo palazzo di tre piani che ci confessa le abitudini di chi lo abita. Uno sguardo lucido, impietoso, sui sette appartamenti e sulle famiglie, le coppie, sui singoli individui mostrati soltanto per ciò che nascondono oltre pareti e porte chiuse: manie, vizi, debolezze, fragilità, deviazioni e segreti occultati. Un documentario letterario nero eppure leggero. Un distillato poetico dei guai e dei guasti, delle colpe degli inquilini che degenerano in atteggiamenti di squilibrio e oscenità, in collisioni violente e passioni eccessive. Il lettore gode della seducente occasione di spiare nelle case degli altri. E, con la cadenza ritmica del miglior pettegolezzo, anche il condominio cede a una natura quasi umana, lasciandosi andare al giudizio, esprimendo opinioni con tono sentimentale mentre ci descrive chi lo popola in un affresco intimo dell'umanità e dei suoi peccati capitali. Uomini e donne così lontani eppure così vicini alla colonia di topi che vivono nel sotterraneo e che, per una misteriosa ragione, penetrano nelle abitazioni di notte, si addossano ai loro corpi addormentati. Un romanzo da leggere con la lentezza con cui viene narrato: una parola alla volta, come in una confessione religiosa. Una storia che in qualche modo ci riguarda tutti e che, mostrandoci per quello che siamo, ci offre l'unica possibilità di salvezza: ammettere – per amare o tentare di correggere – la nostra natura imperfetta.



Massimo Cuomo, con uno stile "particolare" e utilizzando parole segnanti e impietose, racconta vite che si consumano all'interno di un condominio dove, con violenza, il tempo trascorre senza curarsi dei tanti problemi dei protagonisti.

Una casa che, da luogo caldo e sicuro, si traforma grottescamente in una fredda gabbia dove si trascinano esistenze contrassegnate da un malore, a volte celato, che sembra contaggiare l'intero condominio che lentamente prende vita mostrando a tutti la sua decadenza fisica e morale; l'autore, con il suo libro, propone in maniera originale quanto drammatica diverse riflessioni: al centro dell'osservazione ritroviamo esistenze effimere, il mondo che le circonda e soprattutto il ritratto di una società spietata, cinica, "malata" di solitudine e cieca di fronte a tradimenti e ipocrisia.

Oltre ai personaggi del condominio di Mestre, a diventare protagonisti sono i tanti luoghi "vissuti" all'interno degli appartamenti: una cucina, un salotto, uno spioncino, diventano teatri dove consumare una "tragedia", dove collocare racconti intrisi da sentimenti come malinconia, rimpianto, disagio e scelte sbagliate che sfociano quasi tutti in un apparente "follia" degenerativa assecondata da una voce narrante che, con severa neutralità, dirige queste anime sacrificali utilizzandole come specchio per semplificare le diverse ombre di una nostra società contemporanea dove nessuno è perfetto, dove tutti hanno qualcosa da nascondere, dove la solitudine e il disagio portano al limite sia la mente che il corpo

L'autore sceglie stilisticamente di utilizzare la prima persona, non solo per eludere un dialogo che avrebbe dato alla narrazione un carattere più confidenziale, ma soprattutto per essere lui stesso giudice in un processo dove, a difendere gli imputati, siamo chiamati noi lettori che più che a condannare siamo incoraggiati a comprendere per far sì che da noi fuoriesca pietà e forse compassione

Personalmente credo che nel libro il "collante" tra le diverse storie, quell'elemento presente in maniera costante, sia rappresentato dall'amore: un sentimento capace di condizionare parecchio le azioni dei protagonisti, che viene da una parte sviscerato nella sua intimità e dall'altra invece dipinto in maniera macabra nelle sue forme più perverse. 

Con tratti quasi poetici e attraverso una prosa innovativa Cuomo quasi "commuove" nel tentativo di sconvolgere un genere dal quale tenta di slegarsi, svincolandosi dalle sue storie precedenti, libero nel proporre una lettura diversa e diversificata; Il suo romanzo risulta molto ben costruito e ideato, anche se onestamente alla fine nell'insieme sembra mancare quel qualcosa che possa rendere il tutto più edificante, forse quel contraddittorio (lasciato magari al lettore) che si ponga come parte positiva e propositiva necessaria per fare  da contrasto alle tante bruttezze raccontate in un mondo che l'autore volutamente cerca di  sospendere in attesa di giudizio.

Complimenti a Massimo Cuomo per il suo libro che sicuramente rappresenta una lettura originale e affascinante sotto diversi aspetti, anche se forse sembra non brillare troppo per una coralità che appare troppo slegata: luci e ombre in un libro che a me è piaciuto davvero molto, principalmente per la capacità di suscitare reazioni contrastanti davanti ad un "cinismo" (sempre al limite del "politicamente corretto")utilizzato dall'autore per raccontare certe dinamiche che, anche se portate all'estremo, alla fine risultano drammaticamente molto comuni al nostro quotidiano. 


Formule mortali di François Morlupi

 In una torrida estate romana, un anziano cammina nel parco di villa Sciarra, nell’elegante quartiere di Monteverde. Un odore tremendo atti...