lunedì 30 maggio 2022

Morsi di Marco Peano

 

Tutto ha inizio con una ragazzina che gioca nella neve. Si chiama Sonia, sono le vacanze di Natale del 1996 – quelle della grande nevicata – e lei deve passarle suo malgrado a casa della nonna. Siamo a Lanzo Torinese, un paesino di mezza montagna dove ogni cosa sembra rimasta ferma a cinquant’anni prima. Compresa la casa cigolante e ingombra di mobili in cui vive nonna Ada, schiva, severa vecchia che nella zona ha fama di guaritrice (ma chissà, forse è altro), per la quale Sonia prova un affetto distante. La scuola ha chiuso prima del previsto a causa di quello che tutti chiamano “l’incidente”: la professoressa Cardone, acida insegnante di italiano, si è trincerata nella sua aula e durante una lezione – di fronte a una classe segregata e terrorizzata – ha fatto qualcosa di indicibile. Qualcosa che adesso, mentre Lanzo un po’ alla volta si svuota per via delle feste e dell’incessante vento ghiacciato, sembra riguardare tutti gli abitanti. Toccherà a Sonia, insieme al suo amico Teo, ragazzino di famiglia contadina educato alla voracità, affrontare l’incubo in cui sono precipitati. Complici per forza, Sonia e Teo si avventurano nel biancore accecante della neve col distacco curioso di chi non ha pregiudizi e forse proprio per questo può sperare nella salvezza. Ma che cos’è la salvezza? Andar via, cambiare vita? O restare e tentare di resistere?


Marco Peano ha scritto un romanzo che mi ha piacevolmente spiazzato e sorpreso, attraverso una trama che si sviluppa pagina dopo pagina in maniera davvero inattesa con tanti colpi di scena.

Se il libro nella parte iniziale viene percepito come un romanzo di formazione ecco che quasi subito un singolo sconvolgente episodio stravolge la narrazione che passa rapidamente senza filtri dall'Horror per il Fantastico, trasformandosi in una favola dark che fondamentalmente racconta il passaggio dall'infanzia all'età adulta scoprendo la vita e le sue verità nel bene e nel male.

La vicenda è ambientata nelle valli torinesi durante le vacanze di natale 1996, un luogo dove la vita sembrava essersi fermata, dove la quotidianità trascorreva rallentata fino a quando qualcosa di indicibile sconvolge tutto e tutti fin dalle viscere, dando il via a nefasti episodi che macchieranno il candore della neve con il rosso del sangue.

I due protagonisti sono solo due ragazzini, Sonia e Teo, uniti da un amicizia timida e sincera che, come l'intero paese, vengono coinvolti da un incubo figlio di una follia che costringerà i due a crescere in fretta per affrontare quell'orrore che aveva strappato di dosso lo loro innocenza.

Il lettore accompagnerà Sonia e Teo in questo viaggio di sola andata dove per sopravvivere bisognava capire in fretta se fosse meglio scappare o rimanere per resistere:

Sonia più razionale e risolutiva mentre Teo più insicuro e ingenuo per la prima volta nella loro vita erano soli e senza l'aiuto di nessuno, costretti a fare i conti con una morte, sviscerata nel romanzo in maniera macabra ma naturale, raccontando quell'incubo in cui erano sprofondati con occhi innocenti.

Lo stile dell'autore si mantiene senza dubbio molto scorrevole in ogni parte del romanzo; sempre incisivo e graffiante, risulta molto tagliente e freddo nelle fasi più cruente, sicuramente per non lasciare tempo e spazio alla pietà e alla comprensione che risulta presente invece nelle parti narrative più cupe che mostrano il fianco alla riflessione più profonda.

L'autore utilizza a pretesto l'epidemia nel romanzo per edificare una società incapace di lottare e combattere, logorata sotto i colpi non solo di un male che tornava ciclicamente sotto forme diverse, ma anche da un'incomunicabilità e staticità che impediva di evolvere; una società (moderna) destinata all'autodistruggimento se intrapresa la strada del rifiuto verso tutto quello che è nuovo e diverso, incapace di reagire alla perdita comune non accettando un cambiamento inevitabile, un futuro necessario per andare avanti.

Quello di Peano è un libro che colpisce forte con la stessa intensità dei colpi inferti dal terrore che incupisce la vicenda narrata, un dolore sordo che diventa allegoria di una paura del crescere e affrontare le difficoltà della vita mettendosi in discussione.

Complimenti sinceri a Marco Peano che con il suo romanzo riesce a "demolire" i cardini di un Genere ben distinto, che nel libro si modellano invece in maniera originale su varie sfaccettature e interpretazioni, emozionando i lettori attraverso una lettura che forse solo nel finale appare un po' troppo "precipitosa", lasciando frustrazione per tante domande insolute in un epilogo di una vicenda sconvolgente quanto trascinante che sembra non essersi preso il tempo necessario per ricevere i meritati applausi.


 

sabato 21 maggio 2022

Il Dio dalle lunghe dita di Lucia Guglielminetti

 In un pomeriggio d'estate, Marco e Francesco scovano un vecchio armadio nelle stanze in disuso della casa dei nonni. Marco chiude Francesco nell'armadio, per gioco. Non sa che quel gesto cambierà per sempre la sua vita e metterà fine a quella del fratellino. Qualcosa di terribile e oscuro si annida oltre le ante dell'armadio, ma solo molti anni dopo Marco scoprirà di cosa si tratta e deciderà di combatterlo, per se stesso e per il fratello scomparso. Spaventose divinità, riti druidici e la storia di una vita alla costante ricerca di riscatto.

 

 Lucia Guglielminetti ha scritto un libro dove il senso di colpa si mescola ad una sofferenza inflitta e patita, in forte contrasto con una speranza presente nella storia che, crescendo poco per volta, rimane frenata da un senso di smarrimento e paura verso qualcosa di terrificante e misterioso che, oltre ad aver tolto qualcuno di caro, aveva anche annullato l'esistenza stessa del protagonista perennemente afflitto per una pena meritata.

Tutto inizia un pomeriggio d'estate quando un gioco innocente si trasformerà tragicamente in una punizione crudele, tutto in pochi istanti, una condanna perenne per chi la subisce ma soprattutto per chi l'aveva inflitta.

Da questo momento infatti Marco comincerà a sentirsi sempre più in difetto rispetto agli altri, privato degli affetti più cari e condannato ad essere ignorato perchè non meritevole d'affetto, carnefice del fratello e privato così anche lui del calore di un abbraccio freterno. 

L'autrice è molto brava nel mantenere la narrazione sempre scorrevole e dinamica anche nelle fasi più cariche di ansia e angoscia, contrastando una malinconia provocata da un castigo continuo che imprigiona il protagonista alla ricerca disperata di espiazione.

Il destino però giocherà un ruolo davvero importante nella storia, regalando un incontro particolare a Marco con qualcuno che come lui aveva provato lo stesso dolore, che come lui affrontava ogni giorno quegli incubi che di notte diventavano lucidi e vividi, quasi reali.

Il ritrovamento di un libro di magia e la conseguente scoperta di un mondo oscuro, insieme alla certezza dell'esistenza di una vendetta sepolta dal passato, scuoterà fino alle viscere Marco che subirà un riscatto emotivo, passando dal voler dimenticare al voler trovare finalmente risposte, alla ricerca di una verità che si rivelerà poco alla volta, svelando la sua vera natura, una rivelazione difficile da comprendere ma ancor più da accettare.

In un crescendo di tensione e adrenalina e in balia di una decisione presa dal protagonista nell'epilogo del libro, il lettore si ritroverà smarrito soprattutto per quel gesto quasi disperato, dettato dalla volontà di cancellare per sempre quella colpa che da troppi anni aveva segnato e condannato le esistenze di molti, che trascinerà nell'oblio di una disperazione, capace di non restituire tranquillità ad una conclusione di certo non prevedibile.

L'autrice, attenta e precisa nel ricorrere alla mitologia per far luce su alcuni interrogativi nella storia, è molto abile anche nel calarsi fino in fondo nella psicologia dei suoi protagonisti, cercando però di non enfatizzare la parti oscure ma cercando di valorizzare solo quelle positive, mettendo in luce tutto quel poco di bene rimasto che senza dubbio, oltre a creare empatia con il lettore, sarà la leva che motiverà per rincorrere una soluzione a tutti i costi, non definitiva ma che forse avrebbe permesso di lenire sofferenza e dolore.

Tanti complimenti a Lucia Guglielminetti perchè ha scritto un libro davvero coinvolgente; devo dire che personalmente mi ha colpito soprattutto la capacità di sviluppare una trama, molto originale, in maniera molto ben bilanciata attraverso tutte le varie parti narrative del romanzo distinte da tematiche ben circoscritte: da un lato la disperazione e la sofferenza che, unite all'impotenza,  caratterizzano la parte iniziale; dall'altro il mistero e la paura che dominano la seconda parte del libro dove la volontà di riprendere ciò che era perduto porta a contrastare qualcosa di incomprensibile, un male che tramandato negli anni, aveva procurato tanto tormento ed era ancora pronto a segnare la vita di vittime innocenti. 

mercoledì 18 maggio 2022

Trema la notte di Nadia Terranova

 

28 dicembre 1908: il più devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo Messina e Reggio Calabria. Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente. «C'è qualcosa di più forte del dolore, ed è l'abitudine». Lo sa bene l'undicenne Nicola, che passa ogni notte in cantina legato a un catafalco, e sogna di scappare da una madre vessatoria, la moglie del più grande produttore di bergamotto della Calabria. Dall'altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all'Aida, progetta, con tutta la ribellione dei suoi vent'anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano, letteralmente. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma così violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre.





Nadia Terranova ha scritto un romanzo capace di attraversare la sofferenza descrivendo depressione e desolazione senza compassione, senza pietà, sviscerando la miseria umana senza giudizio, lasciando al lettore la riflessione più severa.

Questa cruda realtà è quella che, nel terremoto del dicembre 1908 colpì Messina e Reggio Calabria, due città seppur vicine geograficamente divise dal mare e adesso compagne di una sventura comune.

Il libro è soprattutto la storia di due vite, quelle di Nicola e Barbara che, schiacciate dal peso di essere ancora vive, di fronte alla tragedia vissuta "magicamente" si liberano da quell'ossessione, dall'egoismo travestito d'amore, abbandonando per sempre un sentimento malsano e folle per rinascere completamente: Nicola, con un padre assente, era vittima della madre, un incubo travestito d'amore, che agiva preda di un suo disagio provocato dal contrasto tra fede e ragione.

Barbara invece è "semplicemente" una figlia che lottava per rivendicare la sua identità, la libertà di essere, non solo moglie, ma prima di ogni cosa donna.

Entrambi figli di un destino comune, affrontano la tragedia del terremoto in maniera positiva, come un'occasione tragica per ricostruire un'esistenza, svincolandosi da un mondo che d'improvviso era crollato non solo materialmente, cancellando d'un colpo tutte le regole a cui erano costretti ad obbedire.

Il libro è diviso in due parti : la prima, incentrata sulla vita dei due protagonisti, dove ritroviamo note di disperazione e sofferenza mentre la seconda è nettamente più piena di speranza e ottimismo per un presente e un futuro che, se da una parte poteva essere costruito liberamente, dall'altra lasciava un velo di tristezza per un passato che ormai non si poteva più recuperare.

Una volta perdonato agli altri il male subito, solo alla fine i protagonisti saranno finalmente pronti ad accettare le loro imperfezioni che diventeranno poi, poco alla volta, quel valore aggiunto per riuscire ad accettarsi, per poi abbracciare in maniera naturale tutto quello che il futuro avrebbe riservato loro, nel bene e nel male.

Lo stile dell'autrice colpisce, non solo con la trama e la capacità descrittiva, ma anche penetrando attraverso un'attenta introspezione caratteriali dei personaggi, riuscendo bene ad amalgamare due fasi narrative che, seppur completamente differenti, avevano la stessa tensione emotiva; 

L'autrice è brava anche nel ricreare con originalità una lingua che vive nel passato, in un passato specifico che, seppur a volte poco espressiva, a fini narrativi risulterà molto evocativa soprattutto nei passaggi principali.

Nel libro possiamo notare anche come l'autrice gioca molto  combinando esoterismo e superstizione, racchiusi in una cultura siciliana meravigliosamente edificata anche quando emergono con forza figure femminili che lottano e combattono per ottenere quello che aspettava di diritto confrontandosi, non con poche difficoltà, con un mondo fatto di uomini avvelenati da arroganza ed egoismo.

Tanti complimenti a Nadia Terranova per il suo romanzo che, pur attraversando tragedia e morte (descritta nella fase più incomprensibile), è capace di esprimere speranza e forza, racchiusi in quel spirito di sopravvivenza necessario per riemergere e per rinascere nonostante tutto il dolore; 

Un romanzo davvero coinvolgente che testimonia come a volte le perdite possano essere motivo per cambiare, per risorgere solo se pero' capaci di "convivere" con le avversità che la vita ci riserva, non respingendole, ma imparando a portare le cicatrici di un passato doloroso senza nasconderle.  

venerdì 13 maggio 2022

Il girotondo delle anime piccole di Miriam Palombi

 

Ottobre 1909. Alcuni uomini capeggiati da Boni, il marito della levatrice, sono decisi a trovare le prove di un patto diabolico, iniziato con la nascita di Claruzia. In un’escalation di fervore religioso, alla bambina sono inferte torture di medievale ricordo. Solo la lingua sarà risparmiata, per permetterle di confessare il proprio crimine, ma le ultime parole di Claruzia suoneranno come una maledizione. Ottobre 1983. Una nenia lugubre riecheggia nella scuola deserta. Sotto una precoce nevicata di ottobre, dei bambini sfidano la leggenda nata attorno alla piccola strega, ma nessuno di loro può immaginare come finirà quel gioco infantile. La morte di Dario, di cui gli amici sono in parte responsabili, cambierà per sempre le loro vite: il sangue innocente ha evocato una presenza colma di bieca empietà. Vent’anni dopo, in occasione dell’ennesimo funerale, i superstiti tornano in paese accolti da un clima di risentimento legato ai tragici accadimenti del passato. Christian, Francesca e Paolo dovranno venire a patti con le proprie colpe e affrontare le nevrosi riflesso delle torture patite da Claruzia, che da quel giorno li perseguitano, per scoprire cosa è sepolto nel passato.

E' sempre un piacere per me leggere e recensire i libri di Miriam Palombi che anche questa volta mi ha coinvolto in una lettura angosciante e inquieta, avvolta da atmosfere cupe e macabre dove tutta l'originalità di una storia complessa è davvero ben supportata dalla capacità stilistica di un autrice che, attraverso le pagine del suo romanzo, riesce a tradurre in realtà l'ansia e la sofferenza provocati da un male che riesce a riemergere dall'inferno per consumare la sua vendetta.

Nella prima parte la lettura si "affanna" e angustia non solo per il freddo e il gelo di un rigido inverno, che confondono tutti i sensi, ma per una "crudeltà" che trascina in balia di una giustizia privata, armata da una superstizione spietata che non si intimoriva neanche di fronte a Dio, che non si metteva in dubbio neanche davanti la razionalità di una fede che, messa a dura prova, lotterà fino all'estremo durante quella che sarà un lunga notte di tormenti.

L'autrice, con capitoli brevi e un dialogo serrato, riesce bene a riprodurre quella tensione emotiva che "contaminava" i protagonisti, per alternare poi sentimenti contrastanti in una successione tra passato e presente narrativo attraverso diversi salti temporali utilizzati per fornire più risposte possibili per districare una trama complessa.

Una spedizione punitiva per fermare un patto infernale incarnato da quella creatura "selvatica" che, con quel sorriso sbieco e malevolo, alimentava una cattiveria umana pronta a scagliarsi senza pietà; dal silenzio alle urla che strazianti si diffondono attraverso un paese infestato, andando a turbare coloro che, colpiti da maledizione, cercheranno giustizia solo attraverso un castigo che se da un lato cesserà il malessere di pochi, nel proseguo della storia scopriremo essere la scintilla capace di evocare una vendetta crudele che colpirà con la stessa ferocia proprio le anime più innocenti.

Nella seconda parte viene sviscerato quel male che aveva trovato il modo per tornare e infliggere sofferenza, suscitando un forte sentore di paura e sgomento anche nel lettore che assiste impotente ad una serie di eventi che testimoniano come forse solo la morte avrebbe messo fine a tanto tormento.

Grida disperate per una vendetta che si consuma in seguito ad uno scherzo terribile, un peccato compiuto nell'innocenza che comincia a consumarsi con la cosapevolezza di meritare una giusta pena attraverso un martirio dimenticato ma ora tornato reale, non solo nei ricordi intorpiditi da un angosciante filastrocca che rimbomba nelle teste offuscate dei protagonisti che cominceranno un viaggio verso il buio più profondo.

La voglia di fuggire, il terrore che paralizza, il tentativo di non ascoltare che miseramente s'infrange contro il muro della rassegnazione, l'impotenza di fronte ad uno strazio che andava alimentando una bestia finalmente libera da quelle catene, libera di vendicarsi in una terra che aveva maledetto nel passato e che era pronta a bagnare con il sangue.

Solo adesso si ritroverà quel coraggio necessario per ricordare, per subire senza scappare una condanna cresciuta internamente e che poco alla volta era riuscita a logorare divorando tutto quel bene ancora presente, generando terrore e smarrimento in adolescenti nascosti nel corpo di adulti, impedendo così di crescere ed andare avanti nonostante tutto.

La lettura di un diario e il terrore che sempre più prendeva corpo accompagnano l'ultima parte del libro dove un esplosione di dolore paralizza quasi quanto il panico che impediva ai protagonisti di comprendere, di agire razionalmente, costretti ad usare solo l'istinto per provare a contenere quella scia di sangue.

Il sussurro dei morti e la sensazione di essere sempre stati ascoltati senza possibilità di perdono, per sopravvivere oltre la pena, oltre quel castigo che il destino col tempo aveva solo rimandato, prolungano un agonia dove i ricordi riemergono prepotenti per spingere verso quell'ultimo gesto disperato compiuto, non per trovare espiazione, ma per evitare altro sangue innocente versato per placare la sete di vendetta; ripagare una colpa che "come l'acqua si insinua in una crepa" ricordando sempre che "l'orrore nasce dal peccato".

Tanti complimenti a Miriam Palombi che ha scritto un horror davvero originale che racconta senza filtri le conseguenze di colpe disumane; un romanzo corale che spazia tra superstizione e tradizioni per testimoniare la fragilità umana di fronte all'orrore di una vendetta che è figlia del peccato più atroce che il passato poteva solo dimenticare ma non seppellire.   

 

lunedì 2 maggio 2022

Le farfalle dell'Elba di Filippo Mammoli

 

La fine dell’estate all’isola d’Elba è sconvolta da due tragedie ravvicinate: due giovani donne, entrambe in vacanza, vengono uccise senza un motivo apparente. Sui corpi viene rinvenuto un simbolo, tracciato con modalità diverse, che toglie il sonno al commissario Lupi, capo della Polizia di Portoferraio, chiamato a indagare.Richard Newell, biologo marino che vive all’Elba da sei anni, è sospettato per il primo dei due omicidi. Ed è qui che entra in scena Marcello Tarantini, commissario di Polizia livornese trasferitosi in Sicilia, ma in vacanza all’Elba. Tornato nella sua città d’origine insieme alla figlia per passare le vacanze, conosce Serena Giusti, l’ex moglie di Newell, che gli chiede di dare una mano nelle indagini per scagionare il sospettato.

Tarantini inizia a collaborare con il commissario Lupi ed è quando tutti gli indizi portano a scagionare Newell che emerge un’ipotesi dai risvolti sconvolgenti…



Con uno stile spiccato originale,  insieme ad una narrazione intima, lenta in alcune parti ma ben sviluppata nelle fasi "adrenaliniche" del libro, Filippo Mammoli ha scritto un thriller davvero molto coinvolgente singolare che si lascia piacevolmente leggere in particolare per lo sviluppo, di certo non scontato, della sua trama.

Il romanzo ha una parte iniziale dove la suspance narrativa (come detto) risulta più lenta ma certamente più espressiva e comunicativa, incentrata in primo luogo nella caratterizzazione dei protagonisti; nella seconda parte invece è presente una vivacità narrativa più marcata dove può esprimersi al meglio  tutta la bravura dell'autore che è abile nel giocare con il lettore portandolo molto spesso fuori pista, disorientandolo con l'ambiguità dei personaggi, con falsi indizi, quasi "impersonificando" lui stesso quel male che domina su un intreccio narrativo davvero complesso.

Davvero molto curata è la parte descrittiva, precisa, quasi maniacale, arricchita da elementi specifici e a volte singolari che riescono pienamente a trasmettere al lettore tutti i "sapori" e gli "odori" di una terra che aveva visto sporcare prepotentemente la sua bellezza con due delitti efferati, che avevano ferito ancor di più per la violenza esercitata, capace di turbare gli animi di tutti, compresi gli inquirenti, costretti a ricorrere un assassino che seminava terrore anche attraverso un macabro simbolismo.

Tra pochi indizi e la tanta confusione le indagini saranno portate avanti, in maniera parallela, dai nostri due protagonistiTarantini Lupi; l'autore usa bene le differenze caratteriali dei due commissari per evidenziare e sottolineare le diverse sfaccettature in una vicenda che, seppur disseminava interrogativi diversi e contraddittori tra loro, alla fine porterà ad una soluzione comune che, da ambo le parti, risulterà inimmaginabile.

Tarantini viene descritto come un uomo di legge, sicuro della sua esperienza e per questo più distaccato da tutto e tutti; nonostante la necessità di "staccare un pò la spina" resterà coinvolto in una vicenda nella quale senza esitazione sarà pronto a mettersi in gioco, così come sempre, nel lavoro come nella  vita; Lupi invece viene "raccontato" facendo luce sul suo aspetto umano, esprimendo senza filtri la sua fragilità caratteriale che, oltre a renderlo parecchio diverso dal collega, lo condizionerà nell'essere meno risoluto e di certo più tormentato, afflitto intimamente sia per una condizione personale che per quel senso di colpa generato dall'incapacità di trovare indizi concreti, di restituire in fretta giustizia dando un volto ad un colpevole che, fino adesso, aveva commesso davvero pochi errori.

Proprio su questo equilibrio si concentra la parte centrale della narrazione; l'esperienza da una parte e l'umanità dall'altra che si controbilanciano, scontrandosi e annullandosi attraverso una prosa che scinde un unica indagine in due parallele, condotte con tante difficoltà comuni ma anche con tante incertezze dissimili scaturite e affrontate da chi le portava avanti.

C'è da dire però che alla fine, nonostante le tante differenze, il coinvolgimento dei protagonisti, così come il trasporto, alla lunga è simile e comparabile a quello di chi legge che si ritroverà empaticamente partecipe ad un incubo senza fine segnato da una scia di violenza apparentemente senza senso.

La bravura stilistica di Filippo Mammoli rende il suo libro particolare e relativamente diverso per molti aspetti dai classici thriller : in special modo questo si traduce nell'attitudine di rendere impersonale (ma più definito) un dialogo in terza persona, che però in alcuni frangenti si colora attraverso l'uso dialettale, impreziosendo e trasformandosi in intimo e confidenziale, grazie anche all'utilizzo di alcuni escamotage da parte dell'autore che consuma tutta la sua l'impronta sarcastica per smorzare i toni troppo gravi emersi in alcune parti del libro : sotto questa lente possiamo analizzare il personaggio di Rick, coinvolto drammaticamente nella vicenda, che disimpegna fasi personalmente "complicate" attraverso la sua "parlata" quasi comica ( divisa tra italiano e americano) che mostra il fianco ad una pungente ironia che strizza l'occhio anche alla sua incredibile abilità nel mettersi nei guai, trovandosi nel posto sbagliato nel momento sbagliatissimo.

In ogni aspetto la lettura risulta molto scorrevole e dinamica perché la trama, molto ben costruita, non fatica poi troppo a svilupparsi in maniera lineare, senza soffrire troppo di quelle fasi in cui l'autore rallenta per far riflettere, per capire meglio, per interpretare e per poter assimilare con più convinzione alla fine anche un epilogo che, seppur giunto ad una giusta conclusione, traumatizza  destabilizzando il lettore perché porta all'estremo quella  drammaticità "ricamata" sottotraccia lungo tutto il romanzo, inevitabile e difficile da accettare.

Tantissimi complimenti sinceri a Filippo Mammoli che ancora una volta conferma tutta la sua bravura nel raccontare storie fortemente coinvolgenti, generando forte empatia con i suoi protagonisti; in particolare in questo suo ultimo libro ho personalmente  tanto apprezzato la capacità stilistica nel costruire una storia molto originale capace di legare con naturalezza mistero (proteso più verso un genere giallo) e tensione ( più riconducibile al thriller) attraverso diverse sfumature che trascinano e suscitano intimamente anche tanti spunti di riflessione da ricercare con attenzione tra le righe di un romanzo avvincente che vi terrà incollati alle pagine emozionando con i suoi tanti colpi di scena.

 

(Recensione da AmabiliLetture Blog)



 


 Filippo Mammoli è nato a Prato il 5 agosto del 1972. Come ingegnere elettronico, è responsabile dello sviluppo software di un’azienda fiorentina che lavora nel settore del controllo qualità tramite machine vision.

La sua passione per la scrittura inizia dalla poesia, con cui si cimenta fin dall’età di vent’anni. Ottiene premi in concorsi letterari e pubblicazioni nell’antologia del concorso “Daniela Pagani” indetto dal C.A.L.C.I.T. Chianti fiorentino nel 2004. Nel 2005 ho pubblica un’altra poesia nell’antologia “I segreti di Pulcinella” edita da Giulio Perrone.

Nel 2016 ho pubblica in self publishing il suo primo romanzo dal titolo “I casi del destino”.

Nel 2018 il suo racconto “Purezza” è stato inserito nell’antologia “Racconti toscani” edita da Historica edizioni.

Nel 2019 ha visto la luce il thriller “Oltre la barriera” pubblicato da Dark Zone edizioni con cui ha partecipato al Salone del libro di Torino.

Sempre nel 2019 è uscito, per la Jolly Roger edizioni, il giallo dal titolo “Il bosco delle more di gelso”.

A giugno del 2020 ha pubblicato, per la Dark Zone edizioni, una raccolta di racconti noir dal titolo “Sospesi sul nulla”.

 


 

LE FARFALLE DELL'ELBA

 

AUTORE: FILIPPO MAMMOLI

CASA EDITRICE: DARK ZONE

GENERE: THRILLER/GIALLO

PUBBLICATO : 5 GENNAIO 2022

FORMATO: COPERTINA FLESSIBILE


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Formule mortali di François Morlupi

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