"Cantico dell'abisso" è il ricordo di un'estate che racchiude tutto il simbolismo della scoperta, dei sogni, della consapevolezza, della violenza e dell'accettazione di sé. È la storia di Davide, di situazioni apparentemente incredibili, di messe in scena che servono in modo utile e funzionale a raccontare la verità o, se si vuole, una delle tante realtà possibili. È la vicenda di un tredicenne che vive a Bologna e che ama visceralmente suo padre, Osvaldo, in modo morboso, incapace di stabilire un limite o un oltre che non deve essere travalicato. Davide affronta la sua acerba consapevolezza in modo aperto, in un viaggio che lo porterà all'emancipazione e categoriche scelte di vita, non ultima quella di convivere serenamente con la propria omosessualità e con la decisione di diventare transgender. Nel romanzo di Ariase Barretta nulla è più potente della realtà, in una narrazione fluida che mescola passato e presente, dolore e promesse di una vita migliore.
Ariase Barretta ha scritto un libro "scomodo", una storia difficile da raccontare, un romanzo di formazione intriso di un dolore ancora più intenso perché consumato nella sfera familiare; il protagonista, una volta raggiunta la maturità necessaria, solo da adulto trova la forza per analizzare con oggettività quello vissuto, raccontando con sorprendente equilibrio una fanciullezza segnata da cicatrici profonde, una condizione subita nella totale innocenza, un amore "frainteso" che lo aveva costretto a crescere ad occhi chiusi.
Lo stile di Barretta è "spietato", crudelmente ostinato sia nella parte descrittiva che nei dialoghi dove soprattutto ritroviamo quel disagio e vergogna capaci di toccare la sensibilità del lettore, provocando quasi "paura" al lettore, un timore che avvolge la lettura e porta verso un dubbio riguardo a quel sentimento vissuto che, nella "normalità", viaggia parallelo ad un malessere che non solo necessariamente va raccontato "senza filtri" ma soprattutto distinto per capire a fondo l'intimità del protagonista.
Personalmente devo ammettere di aver fatto fatica a leggere certe parti del libro, non tanto per una "pesantezza" narrativa che risulta quasi sempre assente se non nelle parti più "crude" del romanzo, ma perché risulta estremamente difficile non condividere emotivamente la sensibilità del protagonista che subisce senza capire, che soffre per un amore innaturale, scomodo, morboso, che rende lui schiavo e il suo cuore prigioniero, legato dalla bassezza umana che divora con la gelosia e inganna con l'affetto.
Davide è un ragazzo come gli altri, cresciuto negli anni 80' con il walkman, le canzoni di Madonna, la guida tv e con un fratello che mal sopporta per quel fare da "primo della classe". La sua esistenza trascorre tra alti e bassi fino a quando in lui comincia a crescere dentro qualcosa che poco alla volta lo libera, non solo dai pregiudizi mentali, ma anche dall'incerezza di accettare come "normale" un affetto deviato, cresciuto giorno dopo giorno, preferendo così costruire, inconsciamente, quel mondo alternativo necessario per mettersi al sicuro da una realtà che lo stava cambiando in peggio.
Attraverso la storia di Davide l'autore affronta indirettamente il problema relativo alle tante difficoltà generazionali che, oggi come ieri, lasciano gli adolescenti da soli di fronte al disagio, senza punti di riferimento positivi e concreti continuamente a combattere con un senso di ineguadezza che, oltre che a condizionare le loro scelte, porta alcuni di loro purtroppo a crescere troppo in fretta.
La lettura procede con molta difficoltà per il contenuto che smarrisce e colpisce il lettore che pagina dopo pagina si ritrova a cercare risposte a domande troppo moleste e che solo nell'epilogo ritrova un senso di pace tradotto nell'accettazione della condizione passata: a 43 anni Davide non è solo stanco di farsi domande ma è anche convinto ancor di più ad abbandonare per sempre quel suo sguardo innocente, non essendoci più spazio nel suo cuore per la sofferenza, non più spazio nella mente per i ricordi, solo dimenticare ed andare avanti seguendo quella luce che da tempo brillava di un colore diverso.
Complimenti sinceri a Ariase Barretta che ha scritto con "coraggio" un libro che racconta una storia di violenza in maniera così reale e struggente che non può non coinvolgere chi legge; con il suo stile diretto e "dissacrante" impegna emotivamente sia il lettore che i suoi Personaggi, facendo sprofondare alcuni nell'abisso per farli poi riemergere dalla profondità per comprendere meglio e accettare se stessi, in un atmosfera di continuo disagio per una sofferenza che, una volta superati certi limiti, non permetteva più ripensamenti ma solo accettazione.
Ariase Barretta
È nato a Napoli e vive a Madrid. Si è laureato all’Istituto Orientale per poi proseguire gli studi presso le Università di Modena, Barcellona e Madrid, dove ha conseguito un Dottorato in Letteratura ispano-americana. Nel 2009 ha vinto il Premio Letterario “La voce dei sogni” a cui ha fatto seguito la pubblicazione di Litany. Successivamente ha pubblicato i romanzi Darkene (2012), Psicosintesi della forma insetto (2014), H dalle sette piaghe (2015), premiato come miglior noir al Festival “Giallo al centro” di Rieti, e Living Fleshlight (2018), tutti editi da Meridiano Zero. Nel 2018 ha fondato, insieme alla performer Manuela Maroli, il duo di Letteratura performativa Sacrificium Viduae, con cui ha realizzato le opere Luce di carne viva e Le lacrime di Venere. Attualmente si occupa di Queer Art e Transmodernismo, con particolare riferimento all’opera dell’artista e scrittore cileno Pedro Lemebel.
CANTICO DELL'ABISSO
Autore; Ariase Barretta
Casa Editrice: Arkadia (collana Sidekar)
Genere: Narrativa Contemporanea
Uscita: 24 Giugno 2021
Formato: brossura 106 pagine
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