giovedì 22 dicembre 2022

Con le ali sbagliate di Gabriele Clima

 Nino, diciassette anni, pochi amici, figlio unico, scopre timidamente i primi amori. Uno su tutti: Tiziano. Nino conosce da sempre la propria omosessualità, ma i suoi genitori (una madre ossessiva e un padre troppo sicuro dell’assolutezza dei propri valori) sono convinti che sia qualcosa di sbagliato, contro natura. Qualcosa da curare. Per questo, Nino si trova nella comunità religiosa gestita da don Claudio, una sorta di “clinica” dove ragazze e ragazzi come lui vanno per “guarire” e ritrovare la loro vera natura, quella voluta da Dio. Quando la situazione diventa insostenibile, la soluzione è la fuga. Inizia così una serie di incontri, alcuni pericolosi, altri salvifici, che Nino farà alla ricerca di sé, per potersi finalmente presentare al mondo come «Nino, maschio, omosessuale»

Il romanzo di Gabriele Clima (ispirato ad una storia vera) è senza dubbio un libro fortescritto con cura e delicatezza da una autore che non risparmia gioie e dolori per parlare di temi importanti come omosessualità e famiglia : nel romanzo malessere e sofferenza si mischiano con amore e speranza che, cullati dalle tante sfumature poetiche, guidano gesti e liberano respiri necessari a vivere una lettura "senza condizioni"; un romanzo "disposto" ad indicarci la strada, non per stabilire cosa è bene e cosa è male, ma semplicemente per aprire il cuore e insegnarci a essere liberi, per vivere svincolati dalla difficoltà di far accettare se stessi agli altri.

Il protagonista è un ragazzo di 17 anni che sembra vivere la sua vita per compiacere gli altri, i suoi genitori specialmente verso i quali si era sempre dimostrato obbediente e diligente; questo atteggiamento non era figlio della paura ma solamente un'espediente per non creare dispiaceri, per non deludere le aspettative di chi amava troppo, trattenendo però tutto dentro, frenando anche quella voglia di vivere in maniera autonoma i suoi sentimenti.

Quando i genitori di Nino si ritroveranno in una situazione dove era più facile scappare invece che comprendere, smarriti e impauriti (mostrando tutta la loro debolezza) sceglieranno la via più semplice per loro, quella che li sottraeva dalla responsabilità di ascoltare e capire, accettando per il figlio la via della "redenzione" utilizzando Dio come "dottore" per guarire quel figlio "malato".

Nino, non sentendosi mai diverso o fuori luogo, aveva accettato senza problemi quel "provvedimento" imposto dai genitori, per assecondarli e non di certo perché sentiva la necessità di riabilitarsi da qualcosa che lui avvertiva come normale; un'occasione per lui per prendere tempo quindi e cercare di capire meglio se stesso, guardandosi dentro e confrontandosi anche con chi, come lui, stava attraversando la sua stessa condizione.

Sarà così che per Nino inizierà un percorso di crescita interiore fatto di tanti incontri e scoperte che, nel dolore e nella speranza, amplificheranno i suoi stati d'animo, arricchendolo dentro, permettendo un'esperienza di vita vissuta in libertà nel bene e nel male, fondamentale non solo per maturare ma per accettare quello che voleva essere; personalmente credo che tra i diversi personaggi incontrati da Nino nel libro, quelli più significativi e importanti per lui siano Sabina e Grace : Sabina, conosciuta nella comunità religiosa di Don Claudio, per Nino è come uno specchio dove scoprire tutta la sua fragilità, l'instabilità e la parte negativa di una coscienza che, se non risvegliata, rischiava di restare silente sotto dubbi e ripensamenti.

Grace invece, appartenente ad un mondo lontano e sconosciuto per Nino, aiuterà il protagonista a riconsiderare coraggio e voglia di vivere come strumenti per accettarsi, attraverso anche un contraddittorio "esasperato", capace però di liberare dal giudizio e dalla necessità di scegliere per cominciare a vivere i sentimenti  in maniera sincera, nella gioia o nella sofferenza.

Attraverso questa sorta di discernimento interiore Nino dopo questa esperienza non uscirà cambiato ma solo più consapevole e sicuro su quello che nel suo profondo aveva già capito, imparando a trovare pace e tranquillità anche in quel mondo dal quale si allontanava spesso, dal quale riusciva a riprendere fiato solo attraverso la musica, capace di ovattare una realtà dominata da dubbi e domande che restituiva tante sconfitte dopo aver illuso con poche vittorie.

Alla fine del viaggio Nino riuscirà a capire che per volare non aveva bisogno di cambiare le sue ali, non aveva bisogno di trovare quelle giuste, ma bastava solamente credere e prendere coraggio per spiccare un volo che nella libertà avrebbe permesso di cambiare direzione e realizzare la cosa più difficile del mondo: fregarsene di tutto e tutti per vivere al massimo la vita.

Tanti complimenti sinceri a Gabriele Clima che con incredibile delicatezza racconta una storia reale, utilizzando onestà anche quando affronta dolore e sofferenza, in una romanzo dove la speranza riesce a demolire la vergogna, dove niente è giusto o sbagliato, dove non ci sono personaggi che evolvono ma che vivono e raccontano quello che sono già, dall'inizio alla fine, attraverso una narrazione sempre leale e sincera ma soprattutto emotivamente vibrante, capace di coinvolgere in prima persona il lettore; un libro che sento di consigliare senza dubbio a tutti i ragazzi ma SOPRATTUTTO a tutti quei genitori ed educatori che a volte trovano davvero troppe difficoltà (e non solo) nell'affrontare certi argomenti, tematiche alle quali i ragazzi dovrebbero invece avvicinarsi con molta più semplicità e naturalezza. 


 

sabato 3 dicembre 2022

Il Varco di Miriam Palombi

Venafro, 1977. Theodore Harris, reduce inglese della Seconda Guerra Mondiale, nel corso di un’escursione per ritrovare la grotta in cui si era rifugiato durante l’avanzata tedesca lungo la Linea Gustav, si imbatte in un ipogeo in cui è conservata una piccola scultura di Vezkeí, idolo sannita assai controverso che

causerà in breve tempo una serie di sciagure alla sua famiglia.
Venafro, 2007. Attilio Di Nardo insieme ad alcuni operai, torna a Villa Harris, ormai abbandonata, per verificarne le condizioni strutturali ma qualcosa va storto: un crollo improvviso riporta alla luce un orrore sepolto da trent’anni nelle viscere della casa. L’incubo ricomincia…


Miriam Palombi ancora una volta regala ai suoi lettori un  capolavoro horror: Il Varco è una storia breve ma estremamente coinvolgente e soprattutto molto inquietante, merito di una trama che cresce tra angoscia e paura più profonda perché mossa da una forza malevola proveniente dal passato.

Prima di tutto c'è da dire che la scelta di pubblicare (con l'edizione cartacea) una versione illustrata del libro risulta personalmente un'idea molto indovinata, soprattutto perché la storia viene così arricchita da una sfumatura estremamente dark molto riconoscibile che, oltre a contraddistinguere bene il carattere della pubblicazione, strizza l'occhio ad uno stile ben presente nell'immaginario collettivo di chi ama il genere horror.

Miriam Palombi poi riesce nella non facile impresa di ricollocare il genere horror in un scenario "nostrano", ambientando la storia in una terra (Il Molise) dove piccole realtà quotidiane si adattano bene a nascondere misteri legati a leggende e a favole popolari; queste, mischiandosi con antiche origini, evolvono in un racconto dove anche la natura circostante, contaminata dal male, è un antagonista che partecipa malevole ad affliggere pena e sofferenza ai protagonisti che si ritroveranno disperatamente coinvolti in qualcosa che tormenterà la loro anima segnando per sempre le loro esistenze.

Questa ansietà nel libro sarà spesso riconoscibile attraverso una narrazione che, grazie all'abilità dell'autrice, coinvolge il lettore mediante uno stile (come sempre peculiare e singolare) che in questa storia risulta particolarmente impreziosito da una scrittura ricercata e quasi maniacale, nello specifico nella scelta di una terminologia richiesta e necessaria per tradurre dolore e sofferenza nella storia e nella mente dei protagonisti che si ritroveranno avvolti in una spirale di terrore e spavento. 

I ricordi, che poco alla volta riemergono con prepotenza, partecipano a rendere completamente schiavi gli animi irrimediabilmente infettati dei personaggi che non sono più in grado alla fine di confrontarsi con una realtà presente; anche tutti quei respiri lenti e trafelati contribuiscono a tradurre "disagio" in una lettura che a fatica procede tra pagine cariche di tormento; i sussurri convivono con l'inquietudine che, passando dall'illusione, viene alimentata sempre più da un oscurità più profonda dove anche gli occhi riescono a fatica ad abituarsi al buio più penetrante.

Come in ogni sua opera l'autrice è brava a sfruttare tutta la sua esperienza personale per utilizzare simbologia e arte all'interno di una vicenda dove è fortemente presente anche una ritualità pagana, realmente esistente nel folklore di quelle zone, che ancora oggi anima il territorio tra miti e leggende.

La lettura procede in maniera frenetica nella fase centrale del libro per poi giungere alla parte finale dove troviamo amplificata al massimo tutta quella disperazione conseguente ad una supplica che aleggia in tutta la storia; questa, partorita da un male che nonostante tutto era sopravvissuto nel tempo, impregnata a fondo fin dalle radici con forza riemerge accompagnata da un cupo sottofondo sinistro e da un odore nauseabondo, provocato dall'umidità di una terra bagnata dal sangue delle vittime che non avevano più forza per gridare imploranti la loro sventatezza.

Davvero tanti complimenti a Miriam Palombi che conferma ancora una volta la sua posizione di riferimento nel panorama italiano dell'horror; in questa storia, seppur in poche pagine, è stata particolarmente abile nel costruire inquietudine e terrore attraverso una vicenda legata a riti pagani, ben supportati da una storicità dei luoghi (frutto di un attento studio) in cui si svolge la storia; 

in un certo senso, proprio per questa caratteristica,

il Varco mi ha ricordato molto(con le dovute differenze)

un altro suo libro

"il Girotondo delle anime piccole"(LEGGI LA RECENSIONE)

che, se ancora non avete letto, vi invito a recuperare al più presto.

  

 

Formule mortali di François Morlupi

 In una torrida estate romana, un anziano cammina nel parco di villa Sciarra, nell’elegante quartiere di Monteverde. Un odore tremendo atti...